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Chi è davvero don Darovis?


di Andrea Virga

È proprio degli stolti guardare il dito e non la luna, e, infatti, un famigerato sito “cattolico” e “tradizionalista”, in occasione dell’annunciato e storico incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill presso l’Aeroporto Internazionale “José Martí” dell’Avana, con la mediazione di Raúl Castro, non trova meglio da fare che andare a scovare, come fosse una bandierina da contrapporre, l’unico sacerdote fondamentalista di Cuba, paragonandolo addirittura al Fra’ Cristoforo manzoniano. E sorvoliamo sul fatto che Manzoni sia stato il simbolo del cattolicesimo liberale e patriottico ottocentesco, scomunicato con tutto il Parlamento dopo Porta Pia e attaccato da «La Civiltà Cattolica» alla sua morte.

La storia di questo sacerdote non è propriamente una novità in quanto risale al 2011, ma, a quanto pare, solo recentemente il suo caso è stato conosciuto in Italia. Autore dell’intervista un anonimo collaboratore del sito, tale “Alessio”, già messosi in luce per il suo anticomunismo fascistoide ignorante e fazioso. Costui si vantava in un commento (nel quale cita la sua conoscenza del sacerdote in questione) di «essere un esperto di certi posti» con riferimento a Cuba e Venezuela. Peccato poi ripetere una sequela di castronerie e luoghi comuni confutati da qualsiasi osservatore imparziale. Non è mai stato dimostrata, ad esempio, la calunnia per cui la famiglia Castro Rúz sarebbe milionaria (le proprietà terriere di famiglia furono anzi nazionalizzate durante la Rivoluzione!).

Così come è falso che il Venezuela sia uno Stato particolarmente in miseria. Benché soffra per la corruzione delle strutture statali e la guerra economica mossa dall’opposizione (prevalentemente di centrosinistra) al governo, il reddito medio pro capite, a parità di potere d’acquisto è più o meno equivalente a quello turco o romeno; idem quello cubano. Il problema sta semmai nella scarsa reperibilità di certi beni, che sono oggetto di accaparramento e mercato nero col fine di mettere in crisi il governo. Inoltre, la Repubblica bolivariana del Venezuela continua a proibire l’aborto e a tutelare il matrimonio, costituzionalmente definito come unione tra un uomo e una donna. Non a caso, persino Forza Nuova, che questo “Alessio” invita a votare, aveva reso omaggio al Comandante Hugo Chávez, in occasione della sua dipartita. Ma è inutile aspettarsi coerenza da questo tipo di macchiette che costellano la destra italiota. Insomma, è evidente che una visita da turista, priva della necessaria preparazione culturale, non serve affatto a conoscere meglio un Paese, anzi.

Veniamo al “Fra Cristoforo” cubano, tale Darovis Caballero Sosa, di San Miguel de los Baños (municipio di Jovellanos, provincia di Matanzas), un giovane sacerdote nato nel 1984. L’articolo lamenta che il giovane ha perso lo stipendio da sacerdote e camperebbe in condizioni precarie con la sola pensione dell’anziana madre (circa 10 $). Peccato che, nonostante l’alto prezzo della connessione internet (4,50 $ l’ora), continuasse a mantenere account twitter e facebook. Questo per tacere dei generi di prima necessità distribuiti gratuitamente attraverso il sistema di razionamento, e del basso costo della vita nelle campagne cubane, dove quasi tutti hanno l’orto. Insomma, non sarebbe certo il primo cubano ad esagerare le proprie difficoltà economiche per impietosire gli stranieri, in questo Paese paradossale dove i salari statali non superano i 60 $ al mese, ma gli smartphone con connessione internet sono onnipresenti.

Tuttavia, le sue difficoltà non sono affatto dovute a questioni politiche. A differenza del “Fra Cristoforo” originale, don Darovis si guarda ben bene dal rischiare grane attaccando apertamente il socialismo, benché oggigiorno – a fronte del fatto che per ragioni di diplomazia internazionale il governo cubano ha abbastanza le mani legate – fare l’oppositore, con la paghetta da Miami, è quasi diventata una professione (come ammettono gli stessi Statunitensi) . Il “Nostro”, invece, si limita a seguire media controrivoluzionari (es. Radio Martí) su Twitter. Del resto, a Cuba, vige ormai piena libertà religiosa, da oltre vent’anni.

Il fatto è che, da parroco del proprio paesello, era entrato in conflitto con il proprio vescovo, Mons. Manuel Hilario de Céspedes y García Menocal.  Quest’ultimo appartiene alle più distinte famiglie cubane, con un bisnonno Padre della Patria (Carlos Manuel de Céspedes, eroe dell’insurrezione del 1868 e primo Presidente della Repubblica di Cuba) e uno zio Presidente della Repubblica (il veterano della Guerra d’Indipendenza Generale Mario García Menocal). Il fratello era Mons. Carlos Manuel, figura di spicco della Chiesa a Cuba, per decenni addetto alle relazioni con il Governo, e cappellano de facto della famiglia Castro. È grazie anche ai suoi sforzi se si è arrivati ad una conciliazione tra Stato e Chiesa negli anni ‘90.

Il nocciolo del problema consisteva nella celebrazione della Messa (29 giugno 2011) secondo la forma straordinaria del rito romano celebrata da don Caballero in Matanzas, con l’aiuto dell’associazione Una Voce Cuba, che già da anni organizzava Messe private nella forma straordinaria, avvalendosi di sacerdoti tradizionalisti inviati dalla Spagna (in particolare sono in contatto con le comunità andaluse di Sevilla e Cordoba). Il presule Mons. de Céspedes aveva proibito ulteriori celebrazioni affermando che “la Messa porterebbe con sé discordia, divisione e finirebbe per turbare l’unità e la pace all’interno della chiesa locale”.

In ogni caso, la questione era stata deferita alla Commisione Pontificia Ecclesia Dei, che era intervenuta a favore di Una Voce Cuba, e già dal 18 dicembre 2011, don Darovis era tornato a celebrare. Ulteriori foto lo mostrano nel dicembre 2012 e febbraio 2013. Tuttavia, nello stesso anno, con l’abdicazione di Papa Benedetto XVI e l’elezione di Papa Francesco, si consuma la rottura tra Una Voce Cuba, che resta in piena comunione, e don Darovis, che, complice anche l’esaltazione tipica della giovinezza, abbraccia l’eresia sedevacantista e fonda con qualche altro giovane fanatico il gruppuscolo Cuba Católica (il cui sito è in linea dal novembre 2015).

Le accuse di modernismo mosse alla Chiesa di Cuba sono però essenzialmente infondate. Ho visitato numerose parrocchie all’Avana e altrove, e non mi c’è affatto questo progressismo dilagante. Naturalmente, la varietà di situazioni ecclesiali è ampia: dagli elementi più conservatori, benestanti e iberici, a quelli più popolari, con rischi di sincretismo africano. Così come varia l’atteggiamento della Chiesa verso lo Stato: dalla prevalente linea dialogante del Card. Alamino Ortega, Arcivescovo dell’Avana, e dei fratelli Céspedes, a quella minoritaria più dura di Mons. García Ibañez, Arcivescovo di Santiago, che parla apertamente contro il governo, senza peraltro subire conseguenze di sorta. In ogni caso, le gerarchie ecclesiastiche, pur avendo chiesto clemenza per i prigionieri politici, ormai liberati, negano ogni appoggio a chi vorrebbe sovvertire lo Stato cubano, ben consci che spalancare le porte al liberal-capitalismo statunitense non cambierebbe le cose che in peggio.

Ma del resto, il fondamentalismo irreale e gnosticheggiante di questi personaggi, oltre che scismatico ed eretico, fa a pugni con il realismo proprio del cattolicesimo, della fede in un Dio fattosi Carne e Sangue. Al loro impotente e inoffensivo salafismo cattolico, contrapponiamo volentieri l’abbraccio festante di Francesco e Kirill, Patriarchi della Prima e della Terza Roma, decisi a superare le barriere storiche perché la Cristianità inizi a respirare finalmente a pieni polmoni.


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