Passa ai contenuti principali

La parabola dell'intervista al Papa

di Joanne McPortland

Vi presentiamo questa interessantissima parabola/commento all’intervista del Papa su La Civiltà Cattolica ad opera di Joanne McPortland tradotta dagli amici di www.vinonuovo.it


Ascoltate!

Un Papa uscì per dare un'intervista. E appena ebbe parlato, alcune delle sue parole caddero sui media, e quegli uccelli le divorarono prima ancora che potessero essere ascoltate.

Altre sue parole caddero su quanti non capirono il loro contesto. Ricevettero il suo messaggio con gioia, ma appena capitò loro di comprendere quanto sarebbe stato difficile vivere quelle parole il loro entusiasmo si seccò come delle piantine nell'arsura.

Alcune delle sue parole caddero in mezzo a gente stravagante che credeva che queste parole contraddicessero tutto ciò per cui avevano lavorato, e questa stravaganza nei loro cuori soffocò il messaggio, così essi dissero "Non c'è nessun frutto qui per noi".

E alcune delle sue parole caddero come pioggia buona sugli appezzamenti di terreno fertile che altri avevano ridotto a semplice polvere. Il suo messaggio cadde come un balsamo risanatore nei cuori, nelle menti e nei corpi di persone che si erano abituate ad andare in giro zoppicando. Nell'intimo di alcune persone le parole del Papa esplosero come delle pigne in un fuoco nel bosco, tirando fuori nuova vita dalla sterilità.

Il seme dell'intervista del Papa crebbe e portò frutto dando il trenta, il sessanta o il cento.

Gesù spiegò nel dettaglio ai suoi confusi apostoli il senso della parabola su cui questo racconto è basato e i molti rischi che esistono nella proclamazione del Vangelo di fronte al mondo. Da nessuna parte, però, quella spiegazione include la frase «Il seminatore avrebbe dovuto tenere per sé il seme».


Lasciamo che chi ha orecchie ascolti. E rendiamo grazie

Commenti

Post popolari in questo blog

Curzio Nitoglia, un cattivo maestro

di Andrea Virga Questo articolo, come quello su Don Gallo 1 , non avrebbe reale ragione d’essere. Anche qui, le gravi affermazioni dottrinali del sacerdote in questione non meriterebbero più d’uno sberleffo, vista la loro palese incompatibilità con la retta dottrina. E tuttavia, anche qui è il caso di un prete consacrato – e stavolta tuttora vivente – che attira proseliti, specie fra i giovani, grazie alle sue opinioni estremiste ed ereticali, con il risultato di diffondere in lungo e in largo i suoi errori. Per questo, ritengo che sia il caso di dedicare una mezz’oretta a mettere in guardia i meno provveduti, che magari preferiscono internet ad un buon padre spirituale, rispetto a questo personaggio: Don Curzio Nitoglia. Il paragone con Don Gallo, però, non riesca troppo offensivo al defunto sacerdote genovese, che aveva almeno il merito di essere molto attivo in ambito sociale e di non aver mai lasciato la Chiesa (cosa non troppo difficile, visto il permissivismo dei suoi super

Il noviziato Agesci: tempo e idea tra scoutismo e Chiesa

C’è un momento strano nel cammino scout Agesci ed è quello del noviziato: sì, il nome riprende proprio il linguaggio monastico; sì, l’ispirazione è proprio quella; sì, è un periodo di introduzione e studio.  Si tratta del primo momento nella branca rover e scolte, i più grandi nel nostro scoutismo: dura un anno. Di noviziato in Agesci si parla  –  e si sparla  –  in continuazione, non c’è un tema altrettanto trattato e maltrattato, anche nella prassi.È speciale e irrinunciabile e può essere una fonte di riflessione importante anche al di fuori dell’associazione. Cercherò ora di dare a questa riflessione un taglio ecclesiale, per plasmare un avvio di confronto su temi scoutisticamente ed ecclesialmente poco trattati. Il noviziato è un tempo e come tutti i tempi è prezioso. Lo è il nostro, figuriamoci quello dei ragazzi. Con un po’ di ironia, potremmo dire che l’importanza del tempo l’ha capita anche il Papa: in Evangelii Gaudium Francesco scrive che «il tempo è superiore allo

Lettera a frate Raimondo da Capua: l'esecuzione di un condannato a morte

È una lettera al frate che fu direttore spirituale di Caterina e che poi divenne suo seguace. Vi si racconta in modo appassionato e sconvolgente l’assistenza a un condannato a morte, Nicolò di Toldo,giustiziato a Siena per aver partecipato a un movimento di rivolta nel 1375 circa. Il condannato, travolto dall’entusiasmo mistico di Caterina, finisce con l’accettare con letizia la morte come momento di congiunzione – anzi, di nozze – con la divinità. Il consueto motivo devoto del sangue di Cristo si fonde qui con quello del sangue della decapitazione. Il sangue del giustiziato alla fine si riversa sul corpo della santa: nella fusione del sangue di Nicolò con quello di Caterina e con quello di Gesù si realizza l’unità mistica dell’uomo con Dio. Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce. A voi, dilettissimo e carissimo padre e figliulo mio caro in Cristo Gesù. Io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e racomandomivi nel pretioso sangue del Figliuolo di