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Tommaso D'Aquino e il sacerdozio femminile

di Umberto Eco

Non sono riuscito a trovare ancora, nella dottrina, delle ragioni persuasive per cui le donne debbano essere escluse dal sacerdozio (...). Non ho trovato ragioni scritturali (...). L’argomento simbolico non mi soddisfa. Nè mi soddisfa l'argomento arcaico per cui la donna in certi momenti della sua vita secerne impurità (...) Quando mi trovo così smarrito su questioni di dottrina io ricorro all'unica persona di cui mi fido, che è Tommaso d'Aquino. Or a Tommaso, che prima di essere dottore angelico era un uomo di straordinario buon senso, a più riprese si trova ad affrontare il problema se il sacerdozio sia solo prerogativa maschile. Per limitarci alla Summa Theologiae, se lo chiede in II, 11, 2, e si trova di fronte all'affermazione paolina ( nemmeno i santi sono perfetti) per cui le donne nell'assemblea ecclesiale debbono tacere, nè possono insegnare. Ma Tommaso trova nei Proverbi che “Unigenitus fui coram matrem meam, ea docebat me”.Come ne esce ? Accettando l' antropologia del suo tempo ( e che doveva fare ? ) : il sesso femminile deve essere sottomesso a quello maschile, e le femmine non sono perfette in sapienza.

In III, 31, 4, Tommaso si chiede se la materia del corpo di Cristo potesse essere assunta da un corpo femminile ( sappiamo che circolavano teorie gnostiche per cui Cristo era passato attraverso il corpo di Maria come l'acqua attraverso un tubo, come attraverso un veicolo casuale, senza esserne toccato, senza essere inquinato da alcuna immunditia legata alla fisiologia del parto).Tommaso ricorda che se Cristo doveva essere un essere umano “convenientissimum tamen fuit ut de foemina carnem acceperet” perchè, teste Agostino, " la liberazione dell'uomo deve apparire in entrambi i sessi" . E però non riesce a liberarsi dall'antropologia del suo tempo, e continua ad ammettere che Cristo doveva essere uomo perchè il sesso maschile è più nobile.
Ma Tommaso sa andare al di là dell'inevitabile antropologia dei tempi suoi. Non può negare che i maschi siano superiori e più atti alla sapienza delle femmine, ma si arrabatta a più riprese per decidere come mai alle femmine sia stato concesso il dono della profezia, e alle abbadesse la direzione d'anime e l'insegnamento, e ne esce con cavilli eleganti e sensati. Però non pare convinto e, con l'astuzia che gli è propria, risponde indirettamente, ovvero fa finta di non ricordarsi che aveva risposto in anticipo, in I, pp,2: se il sesso maschile è il migliore, perchè nello stato primigenio, prima del peccato originale , Dio ha permesso che nascessero le femmine ? E risponde che era giusto che nello stato primigenio apparissero e uomini e femmine. Non per garantire la continuità della specie , dato che gli uomini erano immortali e non era necessario introdurre la bisessualità come condizione di sopravvivenza della specie. E' perchè (cf. Supplementum 39,1, che non è di mano sua , ma a questa opinione Tommaso ricorre anche altrove “il sesso non sta nell'anima ”; e infatti per Tommaso il sesso era un accidente che sopravveniva a uno stato avanzato della gestazione . Era necessario e giusto creare i due sessi perchè (e questo è chiarito in III, 4, respondeo) c'è una combinatoria esemplare nella generazione degli umani : il primo uomo fu concepito senza nè maschio nè femmina, Eva nasce dal maschio senza l'apporto della femmina, da una femmina senza l'apporto del maschio, ma tutti gli altri uomini nascono da un maschio e da una femmina. E, tranne quelle tre mirabili eccezioni, la regola è questa, e questo è il piano divino.
In III, 67, 4, Tommaso si chiede se la donna possa battezzare , e liquida facilmente le obiezioni che la tradizione gli propone: E' Cristo colui che battezza, ma siccome“in Christo non est masculus neque foemina” (Tommaso si ispira a Paolo Colossesi 3, 11, ma in effetti è detto più chiaramente in Galati 3, 28), se un uomo può battezzare, così può battezzare una femmina.
Poi ( potenza delle opinioni correnti !) , concede che, siccome “caput mulieris est vir”, se vi sono maschi presenti la donna non deve battezzare. Ma, in ad primum, distingue molto chiaramente tra ciò che ad una donna 'non è permesso ' (in linea di consuetudine) e ciò che essa 'può' però fare (in linea di diritto). E in ad tertium, chiarisce che, se è vero che nell'ordine del carnale la donna è principio passivo e solo il maschio è principio attivo nell'ordine spirituale, in quanto sia uomo che donna agiscono per virtù di Cristo, questa distinzione gerarchica non vale.
Pur tuttavia , in Supplementum 39, 1 (ma ricordo che non è di sua mano ) , ponendosi direttamente la questione se la donna possa ricevere gli ordini sacerdotali, risponde ricorrendo ancora una volta all'argomento simbolico: il sacramento è anche un segno, e per la la sua validità non si richiede solo la 'cosa' ma anche il ' segno della cosa ': e siccome nel sesso femminile non viene significata alcuna eminenza , poichè la donna vive in stato di soggezione , non si possono conferire gli ordini a una donna.
E vero che, in una questione che non ricordo, Tommaso usa anche l’argomento propter libidinem: in altri termini, che se il sacerdote fosse donna i fedeli (maschi!) si ecciterebbero vedendola. Ma siccome i fedeli sono anche femmine, che dire delle fanciulle che potrebbero eccitarsi alla vista di un ‘prete bello’ (Le ricordo le pagine di Stendhal nella Chartreuse sui fenomeni di incontinenza passionale suscitati dalle prediche di Fabrizio del Dongo)? La storia dell’ateneo bolognese riporta di una Novella d’Andrea, che avrebbe tenuto cattedra nel XIV secolo, obbligata a insegnare dietro a un velo per non distrarre gli studenti con la sua bellezza. Mi permetta di ritenere che la Novella non fosse di insostenibile venustà, ma che fossero gli studenti a essere propensi a una certa goliardica indisciplina. Quindi si trattava dì educare gli studenti, o si tratta di educare i fedeli, non di escludere le donne dalla gratia sermonis.
Insomma, la mia impressione è che neppure Tommaso sapesse dire con esattezza perché il sacerdozio dovesse essere prerogativa maschile, salvo assumere (come lui faceva, e non poteva non fare, secondo le idee del suo tempo) che gli uomini fossero superiori per intelligenza e dignità. Ma non mi pare che questa sia la posizione attuale della Chiesa. Mi pare piuttosto la posizione della società cinese che, lo abbiamo appreso di recente, e con orrore, tende a eliminare le neonate femmine per mantenere in vita i neonati maschi.
Ecco le mie perplessità. Quali sono le ragioni dottrinali per interdire il sacerdozio alle donne? Se vi fossero semplici ragioni storiche, di opportunità simbolica, perché i fedeli sono ancora assuefatti all’immagine di un sacerdote maschio, non ci sarebbero ragioni di mettere fretta alla Chiesa, che ha tempi lunghi (anche se mi piacerebbe conoscere una data, prima della Resurrezione della Carne).

Ma il problema evidentemente non è mio. Io sono solo un curioso. C’è però l’altra metà del Cielo (come dicono i cinesi) che forse è più ansiosa.

Commenti

Raffaele Savigni ha detto…
Gli argomenti di san Tommaso richiamati da Eco sono certamente datati e non cogenti. Ma mi pare che Eco sorvoli sull'argomento simbolico o lo presenti in termini assai riduttivi): il simbolismo nuziale della Scrittura dall'Antico Testamento alla lettera agi Efesini) non può essere ridotto a semplice sovrastruttura culturale. In un rapporto sponsale essere maschio o femmina non è indifferente né intercambiabile. E poi esiste l'esempio di Cristo: lui, che non ha avuto timore di scardinare tanti pregiuidizi, ha scelto dodici apostoli maschi e non 6 + 6, come sarebbe stato "politicamente corretto", secondo la nostra ottica), pur affidando a Maria un ruolo importante, forse un motivo ci sarà. Mi sembra comncente una lettera di Innocenzo III, Epist. (11 dicembre 1210) ai Vescovi di Palencia e Burgos, richiamata nella dicghiarazione Inter insigniores, 2: La stessa Madre, così strettamente associata al mistero del suo divin Figlio, ed il cui incomparabile ruolo è sottolineato dai Vangeli di Luca e di Giovanni, non è stata investita del ministero apostolico, il che indurrà i Padri a presentarla come esempio della volontà di Cristo in questo campo: « Benché la beata Vergine Maria superasse in dignità ed eccellenza tutti gli Apostoli – ripeterà ancora agli inizi del xiii secolo papa Innocenzo III –, tuttavia non è a lei, ma a costoro che il Signore affidò le chiavi del Regno dei Cieli » (dichiarazione a sua volta richiamata nella Mulieris dignitatem 26).
Inoltre mi chiedo: come mai oggi si insiste tanto e giustamente) sul "pensiero della differenza", sul fatto che a donna non è omologabile al pensiero maschile ma esprime una voce diversa e di pari dignità, e poi si vuole a tutti i costi che faccia le stesse cose del maschio? Vedo in questo una contraddizione. O la differenza sessuale è un fatto accidentale, meramente biologico, oppure ha una valenza forte, ed esprime il fatto che l'essere umano si esprime in due modi diversi e complementari, di uguale dignità ma non omologabili. Ed allora perché non cercare modalità diverse per valorizzare la presenza femminile ed i carismi femminili nella Chiesa, senza ripercorrere il modello maschile? Uno spunto può venire dalla riflessione del teologo Balthasar sul rapporto tra "principio mariano" e "principio petrino". Maria è più importante degli apostoli ma non è apostola in senso tecnico... Una Caterina da Siena o una madre Teresa sono state più importanti di tanti vescovi e cardinali... Non mi sembra che figure del genere abbiano bisogno di un "timbro" come l'ordinazione ministeriale... E poi certamente dobbiamo valorizzare tutte le potenzialità della Tradizione sinora rimaste aI margini: come il diaconato femminile, attestato nei primi secoli (anche se si tratta di capire bene cosa significasse) o varie figure di "profetesse"... C'erano nel Medioevo badesse che svolgevano funzioni rilevanti. Cerchiamo di recuperare e valorizzare tutto questo, senza puntare all'omologazione.

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