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Eucarestia senza prete?

André Lascaris, domenicano olandese, dal 1973 al 1992 si è dedicato alle iniziative per la pace nell'Irlanda del Nord. E' teologo al Dominican Study Centre for Theology and Society di Nijmegen. Nel 2007 è stato tra gli autori del discusso documento "Chiesa e ministero. Verso una Chiesa con un futuro".


COME È NATO QUESTO DOCUMENTO?
Il centro della vita della Chiesa cattolica è la celebrazione eucaristica, in Olanda cala il numero dei preti. Sempre più parrocchie ne sono prive e in molte città o regioni è divenuto difficile trovare una chiesa in cui si celebri la messa domenicale. A partire da questa situazione il Capitolo provinciale dei domenicani olandesi del 2005 decise di istituire "una commissione o gruppo di esperti, con l'incarico di studiare gli aspetti teologici della questione della presidenza eucaristica: se dipende dal ministero di uomini ordinati oppure dalla comunità ecclesiale o dai pastori da essa nominati a presiedere l'eucaristia. Tale studio dovrebbe sfociare in un documento che indichi una direzione che i domenicani vorrebbero offrire alla Chiesa d'Olanda, soprattutto alle parrocchie e ai centri di fede e spiritualità, con lo scopo precipuo di creare un dialogo aperto a cui possano partecipare tutte le parti interessate.
La commissione dovrebbe inoltre pensare a una strategia per facilitare tale dialogo aperto".Così è stata formata una commissione di quattro frati: uno impegnato in parrocchia, un altro in contatto con una congregazione ecumenica, più due teologi. Essi hanno visitato numerose parrocchie per vedere come la gente riflette su eucaristia e ministero ordinato, quale realtà deve affrontare nell'attività parrocchiale e come percepisce il futuro. Alla fine hanno steso un opuscolo, inviato a tutte le parrocchie nell'agosto del 2007. Esso è un "grido del cuore", che attende di essere ascoltato così da promuovere un dialogo nella Chiesa su come dedicarci alla salvezza del popolo e avere un futuro come Chiesa.

CHE SITUAZIONE EMERGE DAL DOCUMENTO?
Le autorità ecclesiastiche seguono il principio per cui solo un prete ordinato può presiedere l'eucaristia, dispensare l'unzione degli infermi e tenere omelie. Tuttavia tale posizione non pare condivisa da una parte, probabilmente maggioritaria, dei presbiteri, operatori pastorali e laici. I vescovi cercano di affrontare la diminuzione dei preti importandone dall'estero o accorpando le parrocchie, ma così scompare il senso di comunità. Inoltre molti obiettano che la gerarchia sceglie di conservare la forma clericale del presbiterato al di sopra e a scapito del diritto delle comunità ecclesiali all'eucaristia. Sebbene si affermi che essa è il centro della liturgia della Chiesa, celebrarla è, nei fatti, reso dipendente dalla persona che la presiede, il che perciò rende l'ordinazione il sacramento più importante.

CHE COSA SPERANO, QUINDI, LE PARROCCHIE?
Che uomini e donne possono essere scelti dalla comunità stessa per presiedere l'eucaristia e tale scelta sia seguita da una confermazione o benedizione o ordinazione da parte della gerarchia della Chiesa. Ritengono questa confermazione o ordinazione importantissima per questo ministero. Quindi vorrebbero un rito in cui la comunità presenta i candidati e il vescovo li benedice e conferma sulla base della tradizione apostolica. Non si può dire che queste comunità non vedano l'importanza dell'autorità della Chiesa e della tradizione apostolica. Anzi, vogliono rimettere l'autorità al posto che ha nella tradizione e, di conseguenza, tributarle un rispetto maggiore di quanto ne riceva oggi.

COME AFFRONTA SUL PIANO TEOLOGICO IL RAPPORTO TRA CHIESA, EUCARISTIA E MINISTERO?
Il Vaticano II ha affermato un modello di Chiesa meno rigidamente gerarchico, più organico e orientato verso la comunità nel suo complesso. Questo cambiamento apre anche uno spazio a una diversa concezione della funzione di guida nella comunità. Nei primi tempi della Chiesa, la nomina di tale ministro, in molte comunità, non richiedeva un'ordinazione intesa come "consacrazione", ma nel senso di dare un posto, o "ordine", tra le varie funzioni di un corpo. Il leader di una comunità non veniva trasferito in un altro ordine di "essere", ma nominato e accettato dalla comunità per una specifica funzione. Un tale ministro, come Paolo, poteva esercitare una professione al di fuori della Chiesa. Né un determinato gruppo era escluso preventivamente perché ritenuto impuro o troppo mondano: Pietro era sposato e c'erano "diaconesse". Dal XVII secolo il sacerdozio di Gesù non fu più basato sulla sua umanità, ma sulla sua divinità. Quindi i preti partecipano al potere divino e a loro non è più assegnata una funzione (ordinazione) dalla comunità per mantenere e perpetuare la sequela di Gesù, ma sono "consacrati" dal vescovo per poter celebrare l'eucaristia.
Secondo questa concezione gerarchica della Chiesa e del ministero, che ancora predomina, il prete funge da "cardine" nella mediazione della grazia: il ministro ordinato definisce la Chiesa, che in sua assenza non può funzionare. Nel modello "organico" di Chiesa, invece, la comunità di fede decide quali tipi di ministeri sono necessari qui e ora. Finché prevarrà il modello "piramidale", non ci sarà spazio per "operatori pastorali", per paura che, accanto ai "preti validamente ordinati", possa sorgere un "clero parallelo".

L'INTERPRETAZIONE DELL'EUCARISTIA DI MOLTI CATTOLICI OLANDESI DIFFERISCE DA QUELLA DI ROMA?
Il nostro sottolineare che si tratta di un banchetto rituale comunitario fa problema alle autorità ecclesiastiche. La loro preferenza per l'interpretazione sacrificale è collegata all'enfasi unilaterale sul carattere "verticale" dell'eucaristia: tutto ciò che è "buono" discende, per gradi diversi, dall'alto verso il basso, in questo caso attraverso il prete, che è un rappresentante di Gesù, fino ai fedeli. Questi rispondono a questo movimento discendente con uno ascendente, che procede anch'esso per gradi - attraverso il prete - ed è chiamato "sacrificio".
La scelta di questa immagine semplifica la difesa di una concezione del ministero in cui la leadership della comunità è chiamata "servizio", ma coloro che lo svolgono sono, nei fatti, posti sempre su un gradino più alto degli altri fedeli e in questo modo esercitano un controllo su di essi. L'eucaristia dipende dalla persona che la presiede. Per noi l'eucaristia è una condivisione di pane e vino tra fratelli e sorelle, al cui centro c'è Gesù. La funzione di leadership è molto importante per ogni comunità, perché è uno dei canali attraverso il quale vi si mantiene viva la narrazione di Gesù. Quindi la comunità dei fedeli ha diritto di essere assistita da funzionari che la aiutino ad andare avanti, ne assicurino l'ispirazione e, come testimoni del Vangelo, possano identificarvisi. Al contempo ha il diritto di celebrare l'Eucaristia come sacramento di solidarietà e unione con Gesù e con gli altri. Per il Vaticano II l'ordine è chiaro: Chiesa come corpo di Cristo e popolo di Dio, gerarchia orientata al servizio del popolo, eucaristia che ci trasforma nel corpo di Cristo e ci rende un solo popolo, ministero (presbiterato) come un servizio al popolo di Dio.

A QUALI CONCLUSIONI ARRIVA "CHIESA E MINISTERO" E QUALI SOLUZIONI SUGGERISCE?
Il cuore del documento sta nell'idea che la comunità locale elegge il proprio leader e dopo le dovute consultazioni questi dovrebbe essere ordinato dal vescovo diocesano che rappresenta la Chiesa universale. O il vescovo presenta qualcuno come leader alla comunità e lo ordina (o, forse, in futuro "la"). Sulla base della precedenza del "popolo di Dio" rispetto alla gerarchia ci si potrebbe aspettare che il vescovo confermi questa scelta per mezzo dell'imposizione delle mani. Se rifiuta tale "ordinazione" sulla base di argomenti che non toccano l'essenza dell'eucaristia, quali il celibato obbligatorio, le parrocchie si troverebbero nella situazione della primissima Chiesa, che non aveva ancora i vescovi, ma potrebbero celebrare una reale eucaristia quando si riuniscono in preghiera e condividono pane e vino. Questa però è chiaramente una situazione di rottura che dovremmo assolutamente evitare.

QUALI REAZIONE HA SUSCITATO IL DOCUMENTO E QUALI SONO STATE LE OBIEZIONI MOSSEGLI?
Molte persone hanno reagito positivamente. Le autorità ecclesiastiche no, concentrandosi sull'idea che una persona da un vescovo possa celebrare l'eucaristia. Temono di perdere potere e ripetono una teologia tradizionale del presbiterato in cui il prete ha una relazione speciale con Dio e rappresenta Cristo e la Chiesa.Egli agisce "in persona Christi" come capo della Chiesa. A me pare che il leader della comunità (il prete) sia prima di tutto un servitore della Chiesa, che è il corpo di Cristo e il popolo di Dio. Ciò non implica che egli debba fare tutto quanto la comunità vuole da lui; a volte deve contrapporsi a essa a motivo del Vangelo. Ma anche quando rappresenta Cristo come capo della Chiesa, ciò non significa che Cristo risorto non sia più la stessa persona che lavò i piedi ai discepoli. Il suo essere capo del corpo significa servizio, non dominio. Un prete (un vescovo, un papa) dovrebbe indossare un grembiule piuttosto che una casula riccamente decorata.
I vescovi olandesi scrivono che il celibato è un carisma positivo, un arricchimento, e cambiare una legge non risolverebbe la crisi nella Chiesa, visto che sono in crisi anche la vita familiare e matrimoniale. Comunque mi pare che il celibato obbligatorio (un carisma può essere un dovere?) promuova la formazione di un gruppo clericale piuttosto chiuso. Il clericalismo è un disastro per la Chiesa.



Commenti

Anonimo ha detto…
Ma perché i domenicani olandesi non si cercano una bella ragazza (o un bel ragazzo se preferiscono) e si sistemano?! La Chiesa olandese non esiste più, i preti hanno distrutto la fede della gente, hanno raso al suolo tutto quel che potevano e ora vogliono continuare con le loro depravazioni? Domenicani olandesi, e tutti voi cari sessantottini, avete distrutto tutto, svuotato le chiese, cosa volete ancora?

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