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Il problema dell'occupazione


In questa giornata di festa del lavoro  (per la società civile) e di celebrazioni per San Giuseppe Lavoratore (per la Chiesa Cattolica) desideriamo porre l'accento sul problema della mancanza di occupazione. Tema quest'ultimo che sta falcidiando l'intera società italiana e in particolare il Mezzogiorno e le giovani generazioni. Lo facciamo con queste parole di Giovanni Paolo II tratte dall'enciclica Laborem Exercens del 1981.

di Giovanni Paolo II

Dall’enciclica “Laborem Exercens”, 1981

Considerando i diritti degli uomini del lavoro proprio in relazione a questo «datore di lavoro indiretto», cioè all'insieme delle istanze a livello nazionale ed internazionale che sono responsabili di tutto l'orientamento della politica del lavoro, si deve prima di tutto rivolgere l'attenzione ad un problema fondamentale. Si tratta del problema di avere un lavoro, cioè, in altre parole, del problema di un'occupazione adatta per tutti i soggetti che ne sono capaci. L'opposto di una giusta e corretta situazione in questo settore è la disoccupazione, cioè la mancanza di posti di lavoro per i soggetti che di esso sono capaci. Può trattarsi di mancanza di occupazione in genere, oppure in determinati settori di lavoro. Il compito di queste istanze, che qui si comprendono sotto il nome di datore di lavoro indiretto, è di agire contro la disoccupazione, la quale è in ogni caso un male e, quando assume certe dimensioni, può diventare una vera calamità sociale. Essa diventa un problema particolarmente doloroso, quando vengono colpiti soprattutto i giovani, i quali, dopo essersi preparati mediante un'appropriata formazione culturale, tecnica e professionale, non riescono a trovare un posto di lavoro e vedono penosamente frustrate la loro sincera volontà di lavorare e la loro disponibilità ad assumersi la propria responsabilità per lo sviluppo economico e sociale della comunità. L'obbligo delle prestazioni in favore dei disoccupati, il dovere cioè di corrispondere le convenienti sovvenzioni indispensabili per la sussistenza dei lavoratori disoccupati e delle loro famiglie, è un dovere che scaturisce dal principio fondamentale dell'ordine morale in questo campo, cioè dal principio dell'uso comune dei beni o, parlando in un altro modo ancora più semplice, dal diritto alla vita ed alla sussistenza.


Per contrapporsi al pericolo della disoccupazione, per assicurare a tutti un'occupazione, le istanze che sono state qui definite come datore di lavoro indiretto devono provvedere ad una pianificazione globale in riferimento a quel banco di lavoro differenziato, presso il quale si forma la vita non solo economica, ma anche culturale di una data società; esse devono fare attenzione, inoltre, alla corretta e razionale organizzazione del lavoro a tale banco. Questa sollecitudine globale in definitiva grava sulle spalle dello Stato, ma non può significare una centralizzazione unilateralmente operata dai pubblici poteri. Si tratta, invece, di una giusta e razionale coordinazione, nel quadro della quale deve essere garantita l'iniziativa delle singole persone, dei gruppi liberi, dei centri e complessi di lavoro locali, tenendo conto di ciò che è già stato detto sopra circa il carattere soggettivo del lavoro umano.

Il fatto della reciproca dipendenza delle singole società e Stati e la necessità di collaborazione in vari settori richiedono che, mantenendo i diritti sovrani di ciascuno di essi nel campo della pianificazione e dell'organizzazione del lavoro nella propria società, si agisca al tempo stesso, in questo settore importante, nella dimensione della collaborazione internazionale mediante i necessari trattati e accordi. Anche qui è necessario che il criterio di questi patti e di questi accordi diventi sempre più il lavoro umano, inteso come un fondamentale diritto di tutti gli uomini, il lavoro che dà a tutti coloro che lavorano analoghi diritti, così che il livello della vita degli uomini del lavoro nelle singole società presenti sempre meno quelle urtanti differenze, che sono ingiuste e atte a provocare anche violente reazioni. Le Organizzazioni Internazionali hanno in questo settore compiti enormi da svolgere. Bisogna che esse si lascino guidare da un'esatta diagnosi delle complesse situazioni e dei condizionamenti naturali, storici, civili, ecc.; bisogna anche che esse, in relazione ai piani di azione stabiliti in comune, abbiano una maggiore operatività, cioè efficacia nella realizzazione.

Su tale via si può attuare il piano di un universale e proporzionato progresso di tutti, secondo il filo conduttore dell'Enciclica di Paolo VI Populorum Progressio. Bisogna sottolineare che l'elemento costitutivo e, al tempo stesso, la più adeguata verifica di questo progresso nello spirito di giustizia e di pace, che la Chiesa proclama e per il quale non cessa di pregare il Padre di tutti gli uomini e di tutti i popoli, è proprio la continua rivalutazione del lavoro umano, sia sotto l'aspetto della sua finalità oggettiva, sia sotto l'aspetto della dignità del soggetto d'ogni lavoro, che è l'uomo. Il progresso, del quale si tratta, deve compiersi mediante l'uomo e per l'uomo e deve produrre frutti nell'uomo. Una verifica del progresso sarà il sempre più maturo riconoscimento della finalità del lavoro e il sempre più universale rispetto dei diritti ad esso inerenti, conformemente alla dignità dell'uomo, soggetto del lavoro.

Una ragionevole pianificazione ed una adeguata organizzazione del lavoro umano, a misura delle singole società e dei singoli Stati, dovrebbero facilitare anche la scoperta delle giuste proporzioni tra le diverse specie di occupazione: il lavoro della terra, dell'industria, nei molteplici servizi, il lavoro di concetto ed anche quello scientifico o artistico, secondo le capacità dei singoli uomini e per il bene comune di ogni società e di tutta l'umanità. All'organizzazione della vita umana secondo le molteplici possibilità del lavoro dovrebbe corrispondere un adatto sistema di istruzione e di educazione, che prima di tutto abbia come scopo lo sviluppo di una matura umanità, ma anche una specifica preparazione ad occupare con profitto un giusto posto nel grande e socialmente differenziato banco di lavoro.

Gettando lo sguardo sull'intera famiglia umana, sparsa su tutta la terra, non si può non rimanere colpiti da un fatto sconcertante di proporzioni immense; e cioè che, mentre da una parte cospicue risorse della natura rimangono inutilizzate, dall'altra esistono schiere di disoccupati o di sotto-occupati e sterminate moltitudini di affamati: un fatto che, senza dubbio, sta ad attestare che sia all'interno delle singole comunità politiche, sia nei rapporti tra esse su piano continentale e mondiale - per quanto concerne l'organizzazione del lavoro e dell'occupazione - vi è qualcosa che non funziona, e proprio nei punti più critici e di maggiore rilevanza sociale.

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