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Ho conosciuto un prete "angelicamente anarchico"


di Luca Scarcia

Questa che segue e' la mia testimonianza.

Chi era don Andrea Gallo?
Chi era questo vecchio prete dalla faccia scarna, amico di Fabrizio De Andre' e Fernanda Pivano?
Conobbi don Andrea Gallo il 21 marzo 2008, in un bar nel centro di Asti. Ci presentò il mio amico Cosimo, che conosceva don Andrea da un bel po' di anni. Mi aspettavo un don Gastone Caoduro, ma comunista. Mi dovetti ricredere.
Fu un incontro breve, il tempo di scolare qualche bottiglietta di Crodino e via. In quei minuti rimasi in silenzio, ad ascoltare quel vecchio prete che mi parlo' di diritti, di Costituzione, di amore per tutti e del Faber. Mi sembrava un turbine dotato di intelligenza. Prima di andare via, mi strinse forte la mano e mi lasciò il biglietto da visita della Comunità di San Benedetto al porto e mi disse di fargli visita. Su quel biglietto era riportata un frase di Dietrich Bonhoeffer: "Pregare e fare ciò che è giusto tra gli uomini".


Nell'agosto del 2008, dopo aver trascorso una settimana nel monastero di Camaldoli, mi recai a Genova,  alla Comunità, dove vidi ciò che don Gallo aveva creato dal nulla: non un semplice centro di accoglienza per tossicodipendenti, alcolizzati e pazienti con disagio psichico di cui avevo letto solamente nei racconti di Carver, ma una famiglia in cui sentirsi a proprio agio, impegnata in un percorso di emancipazione da quelle dipendenze, di responsabilizzazione e di crescita, anche per chi si confrontava con quelle realtà per la prima volta.
In quei giorni a Genova, tra Via del Campo e il porto, ho imparato ad apprezzare quel vecchio prete e compresi chi fosse don Gallo per Genova e i per i suoi abitanti: uno sempre presente sulla strada, in prima linea, che parlava al bar con i pensionati- magari bevendo un goccio di vino- e che subito dopo ascoltava le richieste degli operai del Porto in cassa integrazione. Un prete da marciapiede.
La sera prima di partire, lo andai a salutare e ringraziare per l'opportunità che mi aveva offerto.
Mi abbracciò e, sorridendo, mi disse di abbandonare gli insegnamenti crociani di Cosimo e ricordare, piuttosto, il Faber di Anime Salve, quelle stesse anime che avevo visto in quei pochi giorni. Mi disse che è qui, su questa terra, che dobbiamo trovare il nostro paradiso. Gli risposi- citando ciò che proprio Croce scriveva di Napoli, non a caso un' altra città di frontiera: "Un paradiso abitato da diavoli". Don Andrea rise e mi diede una sberla in faccia.
Da allora non l'ho più incontrato.
Solo una telefonata il 21 marzo del 2012 e niente di più.

Dunque,  perché scrivo queste poche righe?
Ma, soprattutto, perché don Gallo?
Vi siete mai chiesti perché don Gallo suscitasse curiosità ed ammirazione in così tanta gente?
La risposta più ovvia e più diffusa: si tratta di un mucchio di comunisti, atei che non conoscono o hanno dimenticato la Chiesa e quello che insegna.
Oppure: don Gallo usciva spesso fuori strada e per questo attirava chi voleva andare per forza "contro",  i suoi "fan", quasi si trattasse di una superstar di Hollywood.
Io ho un'altra opinione. Don Gallo mi ha affascinato perché, con le sue parole e invettive, mi ha mostrato il marcio che ho dentro e mi ha spronato a spazzarlo via.

Attenzione.
Non ho mai eretto don Gallo ad idolo onnisciente.
Ho seguito, appoggiato e spesso criticato le sue battaglie sul fine-vita, una piaga terribile e irrisolta, che già il cardinale Carlo Maria Martini aveva affrontato, spesso invano, nella sua esperienza.
Ma non ho condiviso le affermazioni del Gallo sui medici obiettori di coscienza: "Un medico che si dichiara obiettore non è un medico completo". Il medico obiettore e' un medico completo che sceglie di non compiere atti contro la propria coscienza e, nel caso dell'aborto, contro la stessa vita che ha giurato di proteggere. Semmai, il vero problema e' nell'applicazione della legge 194 e nella mancata educazione sessuale. Don Andrea ha più volte ripetuto di aver accompagnato al consultorio le prostitute che avevano preso quella scelta dolorosa e che non era riuscito a dissuadere: non voleva lasciare quelle donne nella loro desolante solitudine, sul ciglio di una strada, nel momento più difficile della loro vita. Non posso definire don Andrea complice di aborto.
Ho ammirato, poi,  la sua pluridecennale lotta al capitalismo e all'indifferenza, i due demoni che camminano quotidianamente al nostro fianco.
Celibato dei sacerdoti?
Divorziati nella Chiesa?
I gay, le lesbiche e i transgender?
Le coppie di fatto?
Gli interrogativi che il Gallo ri- proponeva non sono delle semplici provocazioni, voce di un trasgressore seriale.
Si trattava, invece, di un grido di aiuto " per quei servi disobbedienti alle leggi del branco" che ha aiutato per tutta la vita e che pregava la Chiesa potesse accogliere, senza discriminazioni e ipocrisie.

Don Andrea era un prete scomodo, soprattutto per quei poteri che, con le proprie scelte, producono povertà ed emarginazione.
Forse, don Andrea era anche scomodo per la Chiesa che non combatte quei poteri.
Il Gallo sognava una Chiesa che si può riassumere con le parole pronunciate in occasione dell' ultimo conclave: "Non extra omnes, ma dentro tutti!"

Il vero e unico problema e' che su don Andrea c'è sempre stata troppa disinformazione e attorno a lui gravita troppa ignoranza. Moni Ovadia e il sindaco Doria hanno ricordato le profonde radici civili di don Gallo: era un dossettiano, che amava don Milani e don Bosco, e negli ultimi tempi studiava i rapporti tra profezia e politica nel personalismo del Novecento.

Il 25/05/2013 ero presente ai suoi funerali.
La chiesa del Carmine e' stata presa d'assalto dall'entusiasmo di un' intera cittadinanza.
In quella chiesa ho ascoltato don Luigi Ciotti ricordare l'opera di quel vecchio prete che, sempre sulla strada, riteneva che proprio la strada fosse la vera vocazione di ogni cristiano, contro ogni indifferenza e arroganza: "Ci ha insegnato a guardarci dentro senza avere paura delle contraddizioni, delle ambiguità, dei limiti. E se trovate qualcuno che ha capito tutto, a nome di Don Gallo e mio, salutatelo ma cambiate strada!"
Don Andrea non è mai stato accomodante con nessuno e non ha mai rinunciato all'appartenenza alla Chiesa. Ha lottato per cambiarle testa e, come si leggerà nel suo ultimo libro, aveva trovato conferma di questa sua volontà nel pontificato di Papa Francesco.
Sulla bara c'era sì la Costituzione, ma soprattutto il Vangelo. Quel Vangelo che lui, con la sua solita verve, aveva arricchito con il messaggio di Fabrizio De Andre'. Don Gallo credeva che le canzoni del Faber- come lo chiamava sempre lui- fossero un monito di azione verso e per gli emarginati dal mondo. Quelle canzoni possono essere fischiettate e cantate, mente si beve un bicchiere di spumante- il 18 marzo 1975 alla Bussola ne fu un esempio. Oppure, quelle canzoni sono un messaggio e un vademecum- parola che odio- per lottare per un mondo migliore, una "Buona novella".
Ecco la "nuova cittadinanza"  di cui quel vecchio prete parlava.

In quella chiesa, ho ascoltato il card. Bagnasco ricordare la figura del card. Siri "che Don Andrea ha sempre considerato un padre e un benefattore". Inizialmente, ho assistito, basito e stupefatto, ai colpi di tosse, ai fischi e al "Bella ciao" che si levava dall'esterno. Poi, ho pensato a cosa avrebbe fatto don Andrea dinnanzi ad una tale farsa ed ho cominciato a cantare anche io, con il suo popolo. Ho ascoltato la signora Lilli, la segretaria, dire di smettere perché "voi così non rispettate la memoria e l'insegnamento del Gallo".
La Lilli aveva ragione. Ho sbagliato, perché non era né il momento ne' il luogo appropriato - la piazza, invece, si - ma quella disubbidienza civile,  che si stava consumando e di cui ero parte,  era l'unico sincero omaggio che potevo tributare a don Andrea e a quel suo sogno disperatissimo: l'uguaglianza.
In quella chiesa non ho visto la contrapposizione tra la chiesa del card. Bagnasco e quella di don Gallo- come molti commentatori e giornalisti si sono affrettati a scrivere- ma quella tra la Chiesa del card. Siri e quella di don Federico.
Proprio don Federico, la persona che lo accolse dopo che fu allontanato da Genova e dalla chiesa del Carmine, dove è tornato, quarant'anni dopo, il giorno dei propri funerali. Nell'estate del 1970 don Gallo durante l'omelia domenicale- dopo che nel quartiere era stata scoperta una fumeria di hashish- ricordo' come il linguaggio fosse una droga ben più dannosa: infatti un bombardamento può diventare "un'azione a difesa della libertà" e un giovane, se proveniente da una famiglia povera, può essere definito come "inadatto agli studi". Queste parole non risuonarono bene nei timpani dell'alta borghesia del centro di Genova durante la guerra del Vietnam, ma continuano ad essere ripetute, come un monito, dai membri della sua Comunità. Don Gallo fu accusato di essere un comunista- e' una colpa?- e allontanato. La città, già allora vicina al prete da marciapiede, fu attraversata da un movimento di vibrante protesta, che non ottenne alcun effetto sul card. Siri.
Proprio don Federico accolse il pretaccio emarginato ed insieme fondarono la Comunità di San Benedetto al porto, un luogo in cui gli emarginati e gli ultimi del mondo si potevano finalmente sentire a casa.
Tutto il resto e' storia e, per alcuni, scandalo- come cantare Bella Ciao al termine di una celebrazione con un drappo rosso attorno al collo.
"Sempre con coraggio, continuiamo a essere trafficanti di sogni", il suo augurio- per tutti, nessuno escluso- per il 2013 e per la vita.

Ho percorso molti km, da Roma a Genova, per ricordare don Andrea.
Non ero solo.
Con me, tanti giovani e giovanissimi venuti da tutta Italia, gli operai e i direttori d'azienda, i tossicodipendenti e chi non ha mai cominciato, le prostitute e le pie donne, zoppi e sani, chi alza il pugno e chi sgrana il rosario. Poi, partigiani, volontari, princese e un sindaco.
In quella Chiesa c'era un'umanità pittoresca, per alcuni schifosa, per altri divina.
Era la Città Vecchia del Faber.
I non credenti come Moni Ovadia, sono rimasti rispettosamente all'esterno ed hanno partecipato alla cerimonia laica, anche se non mi piace definirla così.
È stato piuttosto un abbraccio collettivo, nella città che lo ha accolto e allevato, tra compositori e cantautori, tra i vicoli che profumano di  sä e cimma, dove Andrea, tra pescatori senza sonno e tante Bocca di rosa, ha percorso le mulattiere di mare, come diceva lui,  sempre "in direzione ostinata e contraria".

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