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L'obbedienza non è sempre una virtù


L’opinione pubblica attribuisce ai cattolici di destra lo strano privilegio d’apparire quelli che viaggiano sul sicuro, saldamente agganciati alla roccia della Chiesa. Voi invece quelli della zona pericolosa sull’orlo del precipizio. Le cose non sono così semplici. La via che conduce alla Verità è stretta e ha da ambo i lati precipizi. Esistono eresie di sinistra ed eresie di destra. Il fatto che qualche importante cardinale penda verso le eresie di destra non dà a esse patente di ortodossia.
Siamo nella Chiesa apposta per sentirci serrare dalle sue rotaie che ci impediscano di deviare tanto in fuori che in dentro. Queste rotaie non sono costituite dalle interviste del cardinale Ruffini sul giornale della Fiat. Sono invece nel Catechismo diocesano e per portarsele in casa bastano 75 lire. Dopo di che sai preciso cosa puoi dire e cosa no. Tutto quel che non è proibito è permesso e credimi che non è poco.

Del resto, se ti restasse ancora qualche scrupolo hai nella Chiesa un altro motivo di serenità ed è che essa è viva ed è lì apposta per richiamarci coi suoi decreti ogni volta che ce ne fosse bisogno (ho detto coi suoi decreti, non con gli articoli dei cardinali giornalisti). Se questa tranquillità la Chiesa non ci potesse dare non meriterebbe davvero star con lei. Si potrebbe andare a brancolare nel buio della libertà come i lontani.
Così stando le cose io non mi spiego come voi cattolici di sinistra siate ancora tanto timidi di fronte ai cardinali. Forse è che mancate di quadratura teologica.
Per esempio: quegli altri si permettono di guardarvi dall’alto in basso perché usate la critica. Arma che essi dicono profana e indegna di cattolici. Eppure se provi a dire in confessione: «Padre, ho dissentito dall’articolo del cardinal Ottaviani», il confessore ti ride in faccia divertito come riderebbe a un bambino che non conosce la sua dottrina: «E dove leggi che tu debba accettar per buone le opinioni di ogni singolo porporato? Dove non c’è legge non ci può essere violazione di legge neppur veniale!».
Del resto in questo campo i vostri detrattori non guardan tanto per il sottile. Si scagliavano contro il cardinale di Firenze perche' s'era schierato coi licenziati della Galileo. E li incoraggiava persino un altro cardinale con una frase che resto' famosa da quanto era volgare e qualunquista (card. Ottaviani: "comunistelli di sagrestia"). Esigete dunque un trattamento di parità. Siete figlioli devoti della Chiesa voi e loro, per quanto dissenzienti loro da un cardinale voi da un altro.
Siete figlioli devoti della Chiesa perché l’Infallibilità non è uscita dai precisi termini del concilio Vaticano I, quelli stessi che impara il mio Pierino sulla Dottrina diocesana classe V cap. X domandina 17. L’Infallibilità dunque per ora non copre del suo manto tutti e singoli i 75 cardinali, i 281 vescovi d’Italia, i 5 padri del consiglio di redazione della “Civiltà Cattolica”, eccetera. Via, prendiamola in ridere, se no ci si amareggia inutilmente. L’austerità del dogma in cui crediamo, per il quale siamo pronti, se Dio ci dà grazia, anche al martirio, la vorrebbero stirare come la trippa a coprire tutto quel che fa comodo a loro e poi buttarcela in faccia col sospetto di eretici.
La Dottrina dice che il Papa è infallibile. Eretico è chi lo nega ed eretico è chi estende ad altri questo attributo. Non vedo poi argomento per attribuire maggior dignità all’eresia per eccesso che a quella per difetto.
Cattolico è dunque chi si ricorda che i cardinali e i vescovi son creature fallibili. Eretico chi mostra per loro un rispetto che travalica i confini del nostro Credo. Caso mai, se proprio una distinzione si volesse fare, ci sarebbe solo da dire che tra due tendenze egualmente ereticali, l’eresia per eccesso ha l’aggravante d’essere ostacolo al ritorno dei lontani.
Si può avvicinarsi alla Chiesa se essa con rigore dogmatico chiede al neofita solo ciò che ha il diritto di chiedergli. Non a una Chiesa in cui si debba sottostare giorno per giorno alle opinioni personali e agli umori di ogni cardinale.
Noi la Chiesa non la lasceremo perché non possiamo vivere senza i suoi Sacramenti e senza il suo Insegnamento. Accetteremo da lei ogni umiliazione ma ce lo dovrà dire il Papa con atto solenne che ci impegni nel Dogma. Non il giornale della FIAT. E fino a quel giorno vivremo nella gioia della nostra libertà di cristiani. Criticheremo vescovi e cardinali serenamente visto che nelle leggi della Chiesa non c’è scritto che non lo si possa fare. Il peggio che ci potrà succedere sarà d’essere combattuti da fratelli piccini con armi piccine di quelle che taglian la carriera. Ma son armi che nontaglian la Grazia né la comunione con la Chiesa. Il resto tenteremo di non contarlo.
E ora facciamo un altro passo innanzi: abbiamo mostrato che la critica ai cardinali e ai vescovi è lecita, diciamo ora addirittura che è doverosa: un preciso dovere di pietà filiale. E un nobile dovere anche, proprio perché adempirlo costa caro.
Criticheremo i nostri vescovi perché vogliamo loro bene. Vogliamo il loro bene, cioè che diventino migliori, più informati, più seri, più umili. Nessun vescovo può vantarsi di non aver nulla da imparare. Ne ha bisogno come tutti noi. Forse più di tutti noi per la responsabilità maggiore che porta e per l’isolamento in cui la carica stessa lo costringe. E non è superbia voler insegnare al vescovo perché cercheremo ognuno di parlargli di quella cosa di cui noi abbiamo esperienza diretta e lui nessuna. L’ultimo parroco di montagna conosce il proprio popolo, il vescovo quel popolo non lo conosce. L’ultimo garzone di pecoraio può dar notizie sulla condizione operaia da far rabbrividire dieci vescovi non uno.



Don Lorenzo Milani, 1959

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